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Words-care : Il tempo (é nostro)

In questo numero, WORDS-CARE ospita Cristina Cassese, autrice e formatrice specializzata in Antropologia culturale e in Pedagogia. Cristina si occupa di rappresentazioni e stereotipi della contemporaneità, educazione alla relazione di genere, teorie e forme della narrazione. È autrice e speaker del podcast Nomadismo Professionale.

Artist Pax Paloscia

Il tempo, lo dice la scienza, non scorre sempre allo stesso modo nell’universo e nemmeno tra gli esseri umani. Secondo la Teoria della Relatività di Einstein il tempo, insieme allo spazio, è una dimensione che si deforma nelle vicinanze di corpi con una grande massa, come pianeti e stelle, oppure quando si osserva un corpo muoversi a una velocità prossima a quella della luce. In queste situazioni lo spazio si “contrae” ed il tempo “rallenta”. Ad esempio, se sulla terra gli orologi si muovono seguendo il ritmo che ben conosciamo, non sarà così sulla Stazione Spaziale Internazionale, dove, lontano dal centro della massa terrestre, gli orologi vedranno correre le proprie lancette più velocemente.

Qualcosa di simile accade anche negli esseri umani, sia nella propria esperienza di vita personale che nel confronto tra le generazioni. Secondo uno studio condotto dal professor Adrian Bejan della Duke University (USA), con l’avanzare dell’età il tempo sembra fuggire via più velocemente di quando si è giovani. Ricordate quando le vacanze scolastiche, i primi amori, le litigate con i genitori ai tempi della scuola sembravano durare un’infinità? Alla base di questa doppia velocità vi sarebbe un fenomeno fisico che riguarda l’invecchiamento del cervello e la sua capacità di elaborare le informazioni. Questo fenomeno sembrerebbe anche legato al fatto che da giovani ogni esperienza è nuova, mentre in età adulta molte situazioni risultano già “viste”.

Il Tempo assume quindi di diritto la T maiuscola quando ci descrive, quando è scandito dai ricordi, dalle esperienze nutrienti, dalle evoluzioni nelle relazioni.

ESSERE TEMPO

“Gli esseri umani avvertono da sempre il bisogno di misurare il tempo” - dice Cristina Cassese, antropologa culturale. - “Uno dei modi che abbiamo trovato consiste nell’osservare ciò che accade intorno a noi, in particolare l’alternarsi ciclico delle stagioni e i movimenti dei corpi celesti. A questa dimensione esterna abbiamo attribuito significati e valori simbolici. Abbiamo anche imparato a misurare il tempo osservando i segni che questo lascia sul nostro corpo: cicatrici, discromie, rughe, smagliature sono tracce del passato iscritte sulla pelle che compongono una sorta di diario, di archivio biografico di ognuno e ognuna di noi. Lo scorrere incessante del tempo fa paura, una paura a cui non possiamo sfuggire e che cerchiamo, perciò, di sublimare attraverso narrazioni, tecnologie e rituali religiosi o "pagani". Tra questi, rientrano i rituali di cura del corpo e non vi è società al mondo che lasci il corpo così com’è allo stato di natura. I gesti che compiamo direttamente sul nostro corpo sono concreti e potentissimi, tramandati di generazione in generazione, e che hanno effetti visibili per noi e per gli altri. E se osserviamo l’entità “tempo” anche da altre prospettive, vediamo che esso stesso diventa un rituale nella dimensione quotidiana delle abitudini, diventa denaro nella visione capitalistica, ritmo nell’alternarsi tra attività e riposo ma soprattutto metamorfosi, trasformazione, cambiamento continuo.”

TEMPO BIOLOGICO E TEMPO CULTURALE

“La declinazione del concetto di tempo, in relazione agli aspetti biologici, ci fa pensare ad esempio all’esistenza di un tempo “al femminile”, scandito dalle tappe dei cambiamenti ormonali e fisiologici: menarca, ciclo mestruale, parto, menopausa. Si tratta però di una concezione di tempo parziale: i generi sono definiti culturalmente e socialmente e non tutte le donne vivono queste fasi. Ciò che invece ci accomuna, indipendentemente dal sesso biologico e dall’identità di genere, è il processo di nascita, crescita, invecchiamento e morte benché, anche in questo caso, le manifestazioni “naturali” del tempo che passa sono comunque oggetto di interpretazione culturale e sociale.”

Oggi più che mai, stiamo assumendo una nuova consapevolezza del nostro essere Tempo. Il tempo che scorre quindi non coincide più, o perlomeno non solo, con l'invecchiamento, ma diventa qualcos'altro. “Il tempo può essere valorizzato e riempito con il self-care” - continua Cristina Cassese - “attraverso rituali di cura che diventano esperienze e che possono finalmente essere vissute come un diritto, un'opportunità, una scelta.”

QUESTO CONTENUTO E' STATO ISPIRATO DA TIME-FILLER 5XP

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